giovedì 17 marzo 2011

Fate Sibilline e battaglia del Sentino


Ci sono molte leggende, probabilmente storie vere, che parlano delle fate sibilline, ci sono due grotte delle fate, una sul monte Sibilla e una sul Vettore, ci sono due detti popolari (“belle come le fate ma con le zampe come le capre”e “do’ jimo a piantà Maggiu”) che provengono dalle fate, ci sono i sentieri delle fate, le fontane delle fate, i cerchi delle fate ed anche le luci fatate.

Un’infinità di circostanze che confermano la presenza di queste donne sui Monti Sibillini. La tradizione ci ricorda ancora adesso che erano donne bellissime e sessualmente disinibite, che amavano le danze e scendevano spesso a valle per ballare il saltarello con i giovani locali. La gente si è sempre chiesta, senza mai ottenere risposte, chi fossero queste donne e quale fosse la loro provenienza.

Oggi la risposta è arrivata: le fate sibilline sono donne celtiche, come le anguanes alpine, e sono giunte sui Monti Sibillini dopo la battaglia del Sentino. La battaglia del Sentino, combattuta nel 295 a.C. nelle zone di Sassoferrato-Camerimo, fu una guerra tremenda con molto sangue versato: lo testimonia ancora adesso il fiume Sanguerone, fiume tinto di sangue.

Le legioni romane in campo furono guidate dai consoli Publio Decio Mure e Quinto Fabio Massimo Rulliano. Il fronte antiromano comprendeva i Celti comandati dai Senoni e una coalizione di popoli italici tutti nemici di Roma. Il comandante della coalizione antiromana fu Gellio Egnazio che morì per difendere le sue truppe.
Anche il console Publio Decio Mure perse la vita nella battaglia.

Purtroppo nelle lotte corpo a corpo di Sassoferrato e dintorni non morirono solo i comandanti, persero la vita anche moltissimi combattenti subalterni. I Celti, così descritti da Tito Livio “Corporature imponenti, chiome fluenti e dipinte di rosso, grandi scudi e spade lunghissime; e poi i canti di chi inizia la battaglia, le grida e le danze selvagge, il fragore pauroso delle armi quando agitano lo scudo secondo le loro usanze patrie. Sono tutte cose attuate di proposito per generare terrore” , nella battaglia del Sentino furono sconfitti in maniera brutale, persero la vita circa 30.000 guerrieri (c’è chi parla di 50.000) e circa 10.000 furono fatti prigionieri.

Alcuni membri appartenenti alle tribù celtiche, tra di essi i druidi, per salvare la vita si diedero alla fuga nascondendosi nei boschi marchigiani (divenuti poi i famosi boschi sacri celtici, tagliati all’avvento del Cristianesimo ed oggi sostituiti dalle chiese della Madonna della Quercia e dagli agglomerati urbani chiamati Cese e Ceselli).

Migliaia e migliaia di donne celtiche, rimaste senza compagni, fuggirono sulle montagne.
Le tracce celtiche presenti sulle zone sibilline, misteriose fino a qualche anno fa, ora hanno una spiegazione.

Come è stato possibile non averci pensato prima alla battaglia del Sentino?

Giuseppe Matteucci
Pres. Associazione
"La Cerqua Sacra"
Cultura Popolare Sibillina

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